Simbolismo del Simbolo

Nell’Antica Grecia era usanza che due persone, due famiglie o due città spezzassero una tessera di terracotta o un anello e che ognuno ne conservasse una delle due parti per stipulare un accordo, un’alleanza o un’amicizia. Quella tessera si chiamava σύμβολον (symbolon), da cui si è originata la parola latina symbolus e, a sua volta, l’italiano simbolo, e derivava dal verbo συμβάλλω (symballo) che significa per l’appunto “mettere insieme, riunire”.

La tessera spezzata

Sebbene il simbolo fosse soltanto un coccio, l’immagine della tessera spezzata che torna intera nel ricongiungersi delle due parti originarie evoca un significato simbolico del simbolo stesso e fornisce un’immagine vivida dell’ampiezza di significato del simbolo. Richiama un senso di dualità che origina nell’unità – ben visibile anche nel Tao, nella tradizione vedica, nel mito platonico dell’Androgino, nel Gesù gnostico e presente in realtà nei miti e nelle religioni di ogni cultura – e che proprio nel riunirsi significa. Il simbolo, in senso simbolico, richiama quindi questa proprietà di andare oltre se stesso, collegare a qualcosa di più grande, di più significante, talvolta incommensurabile; una conoscenza dell’essere unitaria pur se molteplice, e proprio in questo suo essere a più dimensioni impossibile per noi esseri umani da descrivere con altri mezzi che non il simbolo stesso.

Una parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio, «inconscio», che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato. Né si può sperare di definirlo o spiegarlo. Quando la mente esplora il simbolo, essa viene portata a contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali.

C.G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina Ed., pag. 5

Simbologia e linguaggio simbolico

Si potrebbero elencare i più comuni simboli presenti dei miti antichi, archetipici, ma in realtà tutto è simbolo quando trascende il suo significato letterale e porta oltre alla ragione. Lo è la casa, l’armadio che contiene i vestiti, il vestito stesso, il bottone sul lembo del vestito, il filo che attraversa il bottone, fino ad arrivare a ogni particella che compone l’atomo di cui sono fatte le fibre di quel filo. Ciò che fa distinzione è proprio questo portare oltre la razionalità. «La casa è una casa», secondo la ragione; «la casa è anche una casa», nel mondo simbolico.

Per questo motivo credo che la simbologia (il suffisso -logia deriva dal sostantivo greco λόγος (logos), termine reso come “ragione”, “discorso” o “parola” ) sia forse l’approccio meno appropriato e significativo per avvicinarsi al simbolo in quanto ne appiattisce la sua funzione trascendente e la sua capacità di comunicare ben oltre ciò che parole, discorsi e ragione possono descrivere e decifrare.

Quello simbolico è un linguaggio a sé che proprio in virtù di questa sua capacità di non essere intrappolato nelle maglie della ratio comunica a tutt’altri livelli: attiva l’emozione, ammicca al sentimento, ma si lascia intendere soprattutto dall’intuizione.

Pertanto mi trovo in difficoltà nello scrivere questo “discorso sul simbolo”: ogni parola che metto giù mi sembra togliere ampiezza e profondità all’immagine multidimensionale che si forma nella mia mente quando rivolgo l’attenzione al simbolo stesso, perciò non mi dilungherò ancora.

Pongo però una domanda a cui cercherò di dare risposta nei prossimi articoli: se la tessera di terracotta è il simbolo e io ne ho in mano metà, chi o che cosa ha in mano l’altra metà?

Bibliografia

Jung C.G., L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina Ed.
www.etimo.it

2 commenti su “Simbolismo del Simbolo”

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