Dal Vangelo di Tommaso: Introduzione

Desidero, con questo articolo, introdurre una prima serie di riflessioni personali basate sul Vangelo di Tommaso. Pur trattandosi forse del più noto fra i vangeli gnostici, se ne può ipotizzare un carattere di «primo avviamento alla gnosi» adatto più che altro a chi parte da una base di formazione ortodossa, cosa che riguarda quasi tutti gli occidentali. È quindi anche per me un testo che può ottimamente fungere da esordio nello studio della gnosi e di come i suoi simboli siano tutt’oggi vividi e comunichino chiare e profonde verità a chi li osserva e si lascia influenzare.

La gnosi e lo gnosticismo

Il mio interesse per i testi gnostici e per il personaggio di Gesù, così come delineato dai vangeli, è fortemente laico e simbolico. La parola greca γνῶσις (gnòsis), significa qualcosa che noi traduciamo con “conoscenza”, ed è riferita non a un conoscere nozionistico, storico, etico o dottrinale, quanto a un penetrare nell’intimo di un campo di coscienza insieme personale e universale.

Lo gnosticismo è stato un grande movimento spirituale di stampo prevalentemente cristiano che, fino al IV secolo d.C., ha costituito la componente esoterica iniziatica del cristianesimo. Gli insegnamenti di Gesù erano, per gli gnostici – diversamente da ciò che storicamente sono stati per il cristianesimo in Europa e nel mondo dalle sue nazioni conquistato -, le basi di uno studio esistenziale che oggi chiameremmo “psicologico” – ma che si allarga ben oltre la psiche.

La verità soggettiva

Lungi dal voler stabilire una verità assoluta e universale, caratteristica delle varie confessioni del cristianesimo oggi conosciute, la Via del Simbolo, e in essa compresi i testi evangelici, conduce chi la percorre verso una verità spirituale personale, che non si discosta da ciò che Gesù stesso aveva detto di sé: «io sono […] la Verità».

Ciò che chiamiamo “verità” era nelle parole originali il termine ἀλήθεια, alētheia, che significa “non dimenticarsi”, e partiva da un presupposto di memoria – o di dimenticanza – evidentemente soggettivo. Il termine ebraico reso “verità” ne sottolinea ancor più chiaramente la sua natura soggettiva: אמת, ‘emet, significa in geroglifico “esprimere ciò che si porta dentro sé”. E l’etimologia della parola “verità” stessa, che deriva dal latino verus, la cui radice significa “credere” o anche “scegliere”, parla di facoltà squisitamente personali, lontane da un’oggettività di cui la società degli ultimi secoli si fa messaggera.

La Via del Simbolo e le Metacostellazioni

In questo esprimersi soggettivo, sarà comune, in quanto collegato alla mia professione, trovare fra le riflessioni che seguono riferimenti alle Metacostellazioni; questo non vuole pretendere che le Metacostellazioni siano la porta per lo spirito. Di certo, a oggi, è la mia prediletta, fra tante, e quella in cui mi cimento con maggiore efficacia.

Quanto scrivo è frutto in primo luogo della mia vita di ricerca e di scoperta di me oltre me, e che secondariamente riporto nella mia professione di mediatore nelle Metacostellazioni. Sottolineo, anche alla luce del primo loghion del Gesù gnostico di questo vangelo, che quelle che seguiranno non sono e non vogliono essere interpretazioni delle sacre – nascoste – parole qui contenute. L’interpretazione, la scoperta e la “caduta nel significato” fanno parte della missione di ognuno che compia questo viaggio.

Riprendere questa chiave di lettura e riportarla alla vita di oggi, alle Costellazioni e, in generale alla spiritualità e alla crescita personale di ognuno, è un viaggio arricchente e affascinante, una via da molti inesplorata verso la spiritualità, che attraverso i suoi simboli e le sue allegorie parla a ciascuno individualmente. È mio augurio che ogni lettore possa usare le mie riflessioni come spunto personale per raggiungere la propria verità, e che ogni mia parola possa essere accolta, o confutata, o quanto meno meditata.

Note bibliografiche

Del Vangelo di Tommaso sono pervenuti frammenti di almeno due versioni: frammenti dell’una, greca, contenuta nei papiri di Ossirinco, la seconda, copta, ritrovata integralmente nei papiri di Nag Hammadi. Questa seconda versione, che differisce leggermente dalla prima, sembra essere di matrice più gnostica rispetto a quella greca. Anche per questo motivo, oltre che perché si tratta di un testo completo, mi baserò sulla versione copta del detto Vangelo, in particolare sulla traduzione di Luigi Moraldi contenuta nel volume I Vangeli Gnostici (Adelphi, 1984) e sull’interlineare copto/inglese di Michael W. Grondin, reperibile integralmente qui.